Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Ricostruire la storia di Bassano negli anni che precedettero l’annessione del Veneto all’Italia ha significato muoversi in un territorio quasi inesplorato. Scarsa è stata l’attenzione che gli storici, soprattutto gli studiosi locali, hanno riservato a questo periodo della storia cittadina, ben diversa da quella dedicata ad altri come per esempio il medioevo o l’età moderna: il primo è considerato l’epoca della fondazione, mentre il secondo quello di maggior sviluppo economico e civile. Così, anche prendendo in considerazione solo gli studi più accreditati, quelli che riguardano il periodo austriaco sono molto pochi. Il primo ad occuparsene fu Ottone Brentari il quale però, adducendo a pretesto la difficoltà di affrontare fatti cronologicamente troppo vicini, si ferma con l’analisi più corposa alle soglie del governo francese e dedica alla vita politica e civile poche pagine, una semplice cronaca, più fitta in alcuni momenti, meno in altri[1]. Per ritrovarne le tracce bisogna poi attendere la revisione storiografica effettuata nel 1980 dal Comitato per la storia di Bassano aiutato da Gina Fasoli[2]. Nelle poche pagine che Giampietro Berti le dedica nel suo saggio[3], la Restaurazione appare come un momento poco vitale per il territorio, caratterizzato dal punto di vista sociale ed economico da una sostanziale immobilità. Gli avvenimenti del Quarantotto sono ritenuti troppo brevi e contraddittori per aver inciso a fondo sugli atteggiamenti della società civile. Lo stesso autore, nel volume sulla storia postunitaria della città, completa l’immagine di quel periodo mettendo in luce l’estremo valore di alcune personalità del mondo culturale e scientifico e l’importante ruolo simbolico rivestito «in questo momento felice» da alcune istituzioni, come l’ateneo o il museo[4]. La produzione successiva prosegue sul doppio binario, staticità sociale, economica, civile e primato culturale[5]. Ne sono uno specchio fedele, e non poteva essere altrimenti, anche le scelte fatte dalla mostra organizzata nel 1998 per celebrare il millenario della nascita della città che riservano a questo periodo ancora ben poco spazio[6]. Questa disattenzione non ha reso giustizia ad una città che, sotto l’Austria, è stata uno dei centri principali della regione, in possesso di prerogative di autonomia amministrativa analoghe a quelle degli otto capoluoghi e con alcune eccellenze in campo economico e intellettuale. Un viaggiatore dell’epoca così la descrive: « Posta sulla sponda sinistra del Brenta, il vicino canale per cui maestosamente questo fiume discende, le ben coltivate numerose colline, gli ameni villaggi che la circondano e la vista delle Alpi vicine rendono la sua situazione una delle più deliziose e pittoresche. Abbonda di vini eccellenti dei quali fa un utile commercio, come di qualche altra derrata e singolarmente della seta, pel lavoro della quale sonovi molti filatoi, come pure dei purgatoi per la cera. La città non ha che un miglio circa di giro, ma i sobborghi sono comodi e popolati. Conta diecimila abitanti. L’aria vi è pura e sanissima»[7](fig.1).

1SebastianoLovison

1. Sebastiano Lovison (Udine 1775ca – Bassano 1845), Bassano e il Ponte dall’osteria della Colomba (datata 1827). Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, Inc. Bass. 396.«La città non ha che un miglio circa di giro, ma i sobborghi sono comodi e popolati. Conta diecimila abitanti. L’aria vi è pura e sanissima» (Gandini 1833). 

Questo intervento non è inteso però a “nobilitare” un periodo storico, quanto a muovere i primi passi verso una sua lettura più articolata e di spessore, in modo da offrire a tutti i lettori strumenti informativi che gli consentano di elaborare un’idea personale e autonoma. Non sono stati indagati tutti i suoi aspetti - lo spazio non lo consentiva-, ma solo quelli meno affrontati fino ad ora, legati alla vita economica, amministrativa e politica. Scegliendo inoltre, a discapito forse della continuità temporale, ma per ampliare lo spettro dell’analisi, di approfondire di essi solo i momenti più significativi, senza perdere però di vista il quadro d’assieme. In questo percorso sono stati compagni alcuni autori come Marco Meriggi, Eurigio Tonetti, Andreas Gottsmann, Giovanni Mantese, ma anche quelli già citati come Giampietro Berti. Indispensabili perché ricchi di spunti utili per approfondire aspetti di vita amministrativa e politica. Per l’economia non si è potuto prescindere dal fondamentale testo di Marino Berengo, per quanto attiene al settore agricolo, mentre per le attività di trasformazione sono stati fruttuosi riferimenti gli studi di Giovanni Zalin, nonché quelli più recenti condotti da Walter Panciera, Giovanni Luigi Fontana e Giorgio Roverato sulla storia dell’industria vicentina. Nel complesso un utile riferimento è stato il sesto volume su Verona e il suo territorio, edito dall’Istituto per gli Studi Storici Veronesi[8]. La consultazione delle fonti d’archivio, conservate nel Comune e nella locale Biblioteca, oltre che negli Archivi statali di Venezia e di Bassano, ha consentito l’approfondimento di alcuni argomenti e, in taluni casi, ha offerto nuovi spunti alla storia di questo periodo. 

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