Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

L’immagine della città percepita nel suo spessore storico, ci viene restituita dalla pianta-veduta di Francesco e Leandro dal Ponte, disegnata tra il 1583 e il 1619 ca. (tav.7). Vi si riflette la civiltà bassanese colta nella sua dimensione urbanistica: i grandi volumi del castello superiore e quello inferiore, delle torri, delle chiese e dei monasteri, s’inseriscono nel più ampio contesto di semplici abitazioni e di palazzi signorili, racchiuso nella cerchia delle mura viscontee, scandito dagli spazi pubblici, da quelli privati e nell’espansione edilizia nei borghi esterni, del Margnano a nord, del Leon a sud e, oltre il ponte, del Borghetto. Vi vengono ripresi con precisione fotografica mura, vie, piazze, fiume, episodi di vita cittadina, edifici contemporanei e gli adattamenti - avvenuti nel corso del XVI secolo e fino ai primi decenni del successivo - delle preesistenze di tessuto urbano e di forme architettoniche. Sono individuabili le conformazioni dei tetti con gli abbaini e i comignoli, le facciate ritmate da porte e finestre, i balconi, i ballatoi in legno, le altane, i porticati, i monumenti accanto al protiro di San Francesco e la vera da pozzo nel chiostro del convento annesso, l’antenna del vessillo di San Marco affiancata al pilastro con il leone sulla linea che divideva la piazza maggiore dalla piazzetta dei Signori, i numerosi cortili e, specialmente nella zona orientale e meridionale, giardini e ampi broli. Non è una veduta deserta ma vi si recita come in un teatro, la commedia quotidiana nelle vie, nelle piazze, perfino nel chiostro delle Agostiniane di San Giovanni, nei borghi fuori le mura - come in Margnano, dove nel prato di Santa Caterina i Bombardieri eseguono manovre militari (fig.1)

1FrancescoeLeandroDalPonte

1. Francesco e Leandro Dal Ponte, Pianta della città di Bassano (1583-1610) (part.). Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, Archivio Comunale, Mappe, n. 10. La mappa dalpontiana  non solo documenta l’aspetto architettonico ed urbanistico della città ma anche aspetti contingenti della vita dell’epoca come le manovre militari dei Bombardieri nel prato di Santa Caterina.

- e soprattutto sul fiume disteso in primo piano con il ponte (nella ricostruzione palladiana del 1570 dopo il disastro della piena del 30 ottobre 1567) che porta al Borghetto sulla sponda destra: lungo la via d’acqua, a testimoniare il fervore delle attività e dei traffici, girano le ruote dei mulini e navigano barche e zattere. Il ritratto grafico della città cinquecentesca, delineato dai fratelli Dal Ponte ne richiama quello letterario descritto ne Il Bassano composto nel 1577 da Lorenzo Marucini (fig.2):

2LorenzoMarucini

2. Lorenzo Marucini, Il Bassano, Bassano 1577, frontespizio. Il volume dedicato all’eroe di Lepanto, il doge Sebastiano Venier, illustra la città di Bassano, segnalando le personalità del tempo.

«delle piazze amplissime, delle strade salizate, dritte, larghe, e molto belle da vedere, delli Palazzi nella terra vostra, delli gran Borghi, e dei suoi suburbani, con seragli grandissimi, pieni d’ogni sorte di delitie» e il «più bello, e raro Ponte, di quanti a tempi nostri si veggono essere nella Italia… tutto fatto di legno, e coperto di tegole con spesa incredibile: il quale attraversa il fiume Brenta con meraviglie di chi lo vede»[1]. Il veneziano Marucini oltre a esercitare a Bassano la professione di protomedico, con nomina del Consiglio comunale, dal 1573 al 1591, diventò animatore dell’ambiente letterario locale[2]. Il Bassano è un’operetta in prosa concepita come un discorso elogiativo rivolto alla Magnifica Comunità bassanese e dedicata al neoeletto doge Sebastiano Venier, l’eroe di Lepanto (fig.3),

3JacopoBassanodogeSebastianoVenier

3. Jacopo Bassano, Il doge Sebastiano Venier. Olio su rame. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, inv. 470. Il prezioso ritratto costituisce un importante testimonianza dei modi di Jacopo Bassano nell’ottavo decennio del Cinquecento, oltre che un omaggio del grande artista all’eroe di Lepanto, cui è dedicata la ristrutturazione cinquecentesca del Duomo.

le cui sembianze sono riprese nella coeva Circoncisione dipinta da Francesco e Jacopo dal Ponte per l’altare del Nome di Gesù in Santa Maria in Colle (ora al Museo Civico)[3]. Il volto di Bassano tracciato dallo scrittore è perfetto, senza rughe: felici la condizione politica e quella sociale; invidiabile la situazione economica; fervida e immune da idee riformate la vita religiosa; sollecita l’attività assistenziale; folta la schiera dei talenti e degli uomini illustri: valorosi guerrieri, religiosi memorabili per santità e sapienza teologica, poeti passati e contemporanei, pittori come Jacopo dal Ponte «in Figure eccellentissimo, e in Paesi divino, inventore del vero pingere delle notti in tela, e sopra le pietre negre di Verona» e Francesco «il figlio ammaestrato da lui che non solamente è imitatore diligentissimo del Padre, ma tende a strada di non solo agguagliarlo, ma di superarlo, se Dio li presta vita»; Francesco Zamberlan «inventore del nuovo edificio da lustrare Specchi di christallo in Venetia» e «mastro ancora di Architettura stimato»; i musici tra cui «mastro Gieronimo detto il Piva, inventore di un nuovo instromento di basso a fiato, Pifero eccellentissimo, e salariato dalla Illustriss. Sig. di Venetia». Non sono dimenticate le donne che sono virtuose e pie. Non vengono rilevati contrasti sociali e all’esistenza dei poveri si accenna per elogiare la filantropia privata delle fraglie e quella pubblica del Monte di Pietà e del Fondaco del grano. Il Marucini che pur si prodigava nella cura degli ammalati e nella riqualificazione delle farmacie e degli ospedali cittadini, tace sul flagello della peste che in quegli anni, anche nel 1577, colpisce Bassano. Alla fine l’autore per difendersi da eventuali accuse di essere adulatorio ed eccessivo, dichiara di aver scritto la pura verità. Di là del palese assunto elogiativo (è la presentazione della città al doge Venier) che comporta omissioni e silenzi, l’operetta del Marucini mantiene il suo valore storiografico e, insieme con la cronologicamente prossima veduta dei Dal Ponte, documenta la modernizzazione di Bassano nel corso del XVI secolo. Uno spaccato di vita bassanese in una dimensione concreta ci viene restituito dal Libro secondo della contabilità della bottega fondata da Francesco dal Ponte, dove, anche se figurano annotazioni dal 1511, viene messo a fuoco con moltissimi dati il periodo dal 1525 al 1555, che include gli anni della formazione e della prima maturità del figlio Jacopo[4](fig.4).

4FrontespizioLibrosecondo

4. Frontespizio del Libro secondo di dare ed avere. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, ms 262 H 16. Il volume riporta l’amministrazione delle entrate e delle uscite della bottega dalpontiana tra il 1525 ed il 1555, comprendendo l’attività di Francesco il Vecchio e l’attività giovanile e della “maniera” di Jacopo. Doveva essere completato da altri tre volumi.

Ad analizzarli, prendono luce vari aspetti, come i rapporti nella famiglia patriarcale, il funzionamento della bottega, la committenza con i suoi gusti, il mercato, il collezionismo. La registrazione degli accordi con la clientela e dei pagamenti dei lavori eseguiti ci fa incontrare con una folla di personaggi, circa novecento, alla maggior parte dei quali F. Signori[5] ha dato un volto o almeno una qualche consistenza, soprattutto per quanto riguarda la loro condizione economica e sociale. Si profila una clientela costituita non solo da bassanesi ma anche dalle parrocchie e confraternite dei centri minori circostanti - Feltre, Asolo, Castelfranco, Cittadella, Marostica, Asiago con i loro territori - e da alcuni aristocratici veneziani che, inviati in Terraferma a ricoprire cariche pubbliche o presenti a sovrintendere ai loro interessi economici, avevano potuto conoscere e apprezzare la pittura fortemente innovatrice del giovane Jacopo e ne propaganderanno la fama nella capitale, nell’ambito del collezionismo. Interessanti, al di fuori di quelle riguardanti la contabilità, sono le annotazioni varie in cui si riflette la trama dei rapporti della famiglia Dal Ponte in città. Tra gli artisti bassanesi, legato a loro da viva amicizia doveva essere l’architetto Francesco Zamberlan, che nel 1560 fu padrino di battesimo di Silvia Giustina penultima figlia di Jacopo. Improntati a stima reciproca risultano i rapporti con i concorrenti Nasocchi, una dinastia di frescanti decoratori attivi in città tra fine Quattrocento e fine Seicento: uno di loro, Francesco, amministratore pubblico oltre che pittore, scelto da Jacopo come esperto per giudicare la contestazione sul prezzo - una delle rarissime che si conosca - da parte di Domenico della Bella per alcuni addobbi eseguiti per festeggiare il podestà uscente Giovanni Soranzo, il 23 febbraio 1551, sul Libro secondo (Appendice XIV) redige di suo pugno il lodo arbitrale dando ragione a Jacopo. Le importanti commissioni pubbliche, civili e religiose e le numerose da parte della borghesia emergente costituiscono la testimonianza migliore del prestigio che i Dal Ponte godevano presso i loro concittadini e del ruolo che i bassanesi annettevano all’arte nel contesto della loro organizzazione sociale, culturale e religiosa. Una vera e propria storia della civiltà materiale si può ricostruire passando in rassegna i lavori di artigianato artistico per nobilitare l’arredo delle abitazioni o conferire maggior decoro agli oggetti del vivere quotidiano, dai capi di vestiario alle insegne dei negozi, dalle porte della casa ai mobili, che si continuano a ordinare anche negli anni Quaranta e Cinquanta quando nella bottega prevale la produzione di dipinti.     

Questo sito usa cookies per il proprio funzionamento (leggi qui...)