Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Le prime tracce della presenza umana sono da riferire al Paleolitico medio; esse furono rinvenute casualmente negli anni cinquanta del Novecento presso la torbiera del “rio Mardignon”, nelle colline di Romano d’Ezzelino[6]. La mancanza (che perdura tuttora) di indagini stratigrafiche sul sito consente solo di segnalare la presenza dell’Uomo di Neandertal, cacciatore e raccoglitore con un modo di vita seminomade tra zone collinari, pedemontane e montane del territorio alto vicentino. Questa segnalazione trova infatti riscontro nei ritrovamenti (manufatti in selce di tipo musteriano e resti di pasto) della “Cava degli orsi” e della Grotta Obar de Leute, sull’Altipiano dei Sette Comuni, nella valle del Gelpach[7]. La frequentazione di questa parte dell’alto Vicentino continuò nei millenni successivi, durante il Paleolitico superiore, da parte dell’Uomo di tipo moderno (Homo sapiens sapiens). Manufatti in selce e resti di pasto (principalmente ossa degli animali cacciati), rinvenuti in un riparo della val Gàdena sul versante ovest della bassa valle del Brenta, sono riferibili a un gruppo di cacciatori e raccoglitori dell’Epigravettiano[8], i quali nei mesi propizi raggiungevano i siti in quota della piana di Marcesina, sull’Altipiano, per le loro attività venatorie. La presenza degli ultimi cacciatori e raccoglitori del Mesolitico viene attestata anche in diversi siti all’aperto delle zone collinari e prealpine. L’ubicazione e la frequenza di tali siti documentano lo sfruttamento sempre più ampio delle risorse proprie di questi ambienti con attività di caccia anche a animali di piccola taglia, di pesca nei fiumi e di raccolta di piante e frutti selvatici. Ne sono testimonianza la tipologia dell’industria litica (strumenti e armature) rinvenuta, oltre che nel già citato riparo della val Gàdena nella valle del Brenta, anche a Marostica in località Erta, a Pove del Grappa, a Bassano del Grappa–località Boschetto. Si tratta di strumenti litici riferibili prevalentemente a una fase finale del Mesolitico, definita Castelnoviano[9]. Ancora poco noto è nell’alto Vicentino quel processo che va sotto il nome di “neolitizzazione” e che segna in Italia settentrionale, verso la metà del VII millennio a.C., l’inizio delle prime pratiche agricole e di allevamento di alcune specie animali (soprattutto ovi-caprini) da parte di comunità ormai stanziate in villaggi permanenti. Scarse testimonianze, costituite da strumenti in selce riferibili genericamente al Neolitico antico, sono state rinvenute su un terrazzo di antica formazione fluvio-glaciale prospiciente la valle del Brenta in località Sarson, nel Comune di Bassano[10]. Più numerosi sono i siti riferibili al pieno e al tardo Neolitico (metà VI-prima metà IV millennio a.C.), anche se la documentazione archeologica pervenutaci è assai scarsa in quanto costituita solo da manufatti in selce e pochi frammenti di vasellame ceramico riportati alla luce dai lavori agricoli in zone per lo più pedecollinari. Si segnala in particolare il sito di Marostica-località Piazzette, ubicato in posizione panoramica su una ripida dorsale collinare sottostante alla più erta orlatura dell’Altipiano, dove sono stati individuati i villaggi di Covolo e Coldinechele, nel comune di Lusiana[11]. I materiali archeologici di questi siti, considerati nel loro complesso, attestano la progressiva colonizzazione, nella seconda metà del V millennio a.C., dell’alto Vicentino da parte di gruppi umani appartenenti alla Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata con un’economia ormai pienamente neolitica contraddistinta da pratiche agricole, dall’allevamento e dalla produzione ceramica.

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