Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

La tutela pubblica di alcune fasce di categorie socialmente più deboli comprendeva inoltre l’incombenza da parte della città di occuparsi dei trovatelli, dei malati di mente e delle ragazze da marito appartenenti alle famiglie meno abbienti. Gli interventi verso tali categorie erano svolti principalmente da alcune istituzioni sorte per iniziativa privata nel corso di qualche secolo, sottoposte alla sorveglianza e al coordinamento del Consiglio nobile, che disponeva saltuariamente anche elargizioni di generi o denaro alla popolazione. Gestita per lungo tempo soprattutto dalle scuole religiose cittadine, con la soppressione di queste (avvenuta nel 1807) nel febbraio del 1808 essa venne assegnata alla neonata Congregazione di Carità (che si occupava anche del culto e avrebbe funzionato per tutto il XIX secolo), presieduta dal podestà Giuseppe Baroncelli. A essa erano state assegnate le proprietà delle «scuole» soppresse, comprendenti anche alcune chiese, l’Ospitale della Misericordia (o degli esposti) e la Casa Zelosi sede del ginnasio, con le relative rendite. L’istituzione più antica tra quelle assorbite dalla Congregazione era l’Ospitale dei trovatelli sorto già nel XIII secolo ad opera della «Scuola dei callegari», che inglobava la chiesa di Santa Maria della Misericordia nel Borgo Leon. In tale istituto erano accolti e assistiti una trentina di bambini abbandonati all’anno, che in seguito venivano avviati ad istituzioni di maggiori dimensioni e meglio attrezzate, come quella di Treviso[42]. Un sostegno delle famiglie povere (e non solo) bassanesi era il Monte di Pietà o «Santo Monte», sorto alla fine del XV secolo come camera dei pegni per evitare che molte famiglie si rovinassero ricorrendo a prestatori locali che praticavano tassi elevati o usurai. La sua amministrazione era da sempre sotto la sorveglianza del Consiglio, che ne affidava le varie cariche correlate a membri delle famiglie nobili, stabilendo per chi intendesse esercitare incarichi che prevedevano il maneggio del denaro in esso depositato delle cauzioni fideiussorie, come stabilito dai nuovi regolamenti redatti nel 1726. Tale sorveglianza da parte dell’amministrazione cittadina si spiega con la funzione che il Monte era andato col tempo assumendo a fianco a quella originaria, ossia anche quella di cassa di deposito di somme di fondi dell’amministrazione e di enti da essa controllati, da utilizzare in caso di necessità. Naturalmente anche i rigidi meccanismi di controllo non riuscivano a evitare gli inconvenienti, come nel caso del nobile Virginio Lugo il quale fu eletto «massaro» del Monte (la carica più remunerativa con 2.108 lire venete annue) il 23 settembre 1806 e venne arrestato il 2 febbraio 1808 con l’accusa di essersi appropriato di 18.000 lire venete. Nell’epoca in esame, tale istituto ebbe un ruolo importante a Bassano a causa del peggioramento delle condizioni economiche di tante famiglie, testimoniato dall’aumento dei pegni che in esso si andarono accumulando in cambio di modeste somme di denaro. Situazione peraltro continuata sotto la successiva dominazione austriaca durante la quale l’unica novità fu il suo trasferimento dalla sede originale in piazzotto Monte Vecchio ad un locale posto di fianco al Municipio. Una tradizione diffusa in molte località venete, e non solo, era quella dell’assegnazione per estrazione delle doti, chiamate comunemente «grazie», alle giovani da marito di famiglia povera. Le somme assegnate derivavano da legati testamentari che stabilivano il numero delle beneficate e quanto spettasse ad ogni prescelta. Di tale usanza si parla a Bassano già nel XVI secolo, ma i tre legati esistenti all’inizio dell’Ottocento erano stati istituiti tutti nel secolo precedente e prendevano il nome dai loro fondatori. La più cospicua era la grazia Cortellotti che dispensava a quattro ragazze 155 lire venete (73 lire italiane e 31 centesimi) a testa, seguita da quella Appollonio che assegnava ad altre quattro 62 lire venete (31 lire it. e 72 centesimi) e dalla grazia Bianchini, con la quale erano beneficate due ragazze 49 lire venete e 12 soldi (lire it. 25 e 28 centesimi). Tuttavia, onde evitare frodi, la consegna della dote era fatta quando le assegnatarie si presentavano a ritirarla assieme al marito, presentando il certificato di nozze. La cerimonia di assegnazione si teneva nel mese di agosto nella sala consiliare, con l’estrazione a sorte delle beneficate tra tutte le aspiranti che avevano fatto richiesta presentando la propria fede di battesimo. Dal 1808 la data dell’estrazione venne fissata il 15 agosto, giorno del compleanno di Napoleone, e ad assegnare le doti non fu più compito della Municipalità ma della Congregazione di carità[43]. Oltre alle forme istituzionalizzate di sussidio ai ceti poveri, dagli organismi facenti capo all’amministrazione cittadina si elargivano in modo saltuario delle piccole somme di denaro o del cibo ai bisognosi, soprattutto in occasioni di festività o ricorrenze particolari. Un esempio di tale forma beneficenza è quello, particolarmente rilevante, dei festeggiamenti per la nascita dell’erede di Napoleone svoltisi nel 1811. Il 27 marzo la Congregazione di Carità assegnava cento doti alle ragazze povere, il 9 giugno la Municipalità faceva distribuire dai parroci di Bassano, Angarano, San Zeno e Pove 320 lire italiane ai rispettivi ”poveri vergognosi” e negli stessi giorni il consigliere Gabriele Michieli assegnava, a nome dell’amministrazione, in piazza San Giovanni complessivamente altre 150 lire italiane a quattrocento persone. Se con gli interventi citati si cercava di soccorrere le tante famiglie di braccianti agricoli, lavoranti e piccoli artigiani che affrontavano con difficoltà la lotta per una dignitosa esistenza, diverso era l’atteggiamento verso i mendicanti, ritenuti spesso dei fannulloni che cercavano di truffare il prossimo per ottenere del denaro senza lavorare; idea del resto radicata anche nei più alti livelli della società e dello stato. Esemplare in tal senso è l’ordinanza emessa dal viceprefetto Antonio Quadri nel dicembre 1810, per la quale i questuanti non residenti a Bassano dovettero lasciare la città entro otto giorni e quelli bassanesi vennero "disciplinati”, ossia sottoposti a rigide misure di controllo di polizia[44]. Norme perfettamente aderenti alla linea che sempre più andava imponendosi nei paesi europei più avanzati, nei quali la guerra alla povertà si traduceva in realtà nella più facile guerra ai poveri.      

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