Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

E’ certo singolare che, dopo aver per tanti anni rogato a Bassano ed esserne stato cacciato nel 1322 per la sua ostilità agli Scaligeri, Castellano da Bassano, notaio, “magister grammaticae”, abbia scritto un poema sulla pace del 1177, che pone fine alla guerra delle investiture tra papa e imperatore e una «cronica ad honorem domini ducis et comunis Veneciarum», oggi irreperibile, ma nulla sulla storia della sua città natale, che pure tanto si glorierà della sua opera letteraria, ed in particolare del suo celebre Comentum all’Ecerinis di Albertino Mussato[5]. Analoga è la vicenda culturale di Lazzaro Bonamico (1477/8-1552) (fig.1 p.168):

1DaneseCattaneo-LazzaroBonamico

1. Danese Cattaneo, Lazzaro Bonamico, bronzo. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, inv. S69. Lazzaro Bonamigo, allievo, segretario ed esecutore testamentario del filosofo mantovano Piero Pomponazzi,  docente a Padova di greco e latino, poeta, fu amico di personaggi legati all’evangelismo, il cardinale inglese Reginald Pole e la marchesa di Vasto Vittoria Colonna.

«grammatica scholaris», precettore privato in varie città italiane, docente a Padova, amico di tanti letterati e filosofi della penisola, poeta latino e vessillo dei ciceroniani, filologo editore di testi classici, insomma, per citare Francesco Sansovino, «famoso huomanista», neppur un rigo scrive nella sua vita intorno alla sua Bassano[6]; lo stesso si può dire di Alessandro Campesano (1521-1572), giurista al servizio della sua comunità e rimatore poi riscoperto dal Verci[7]; poeta, letterato, volgarizzatore di Virgilio e Boccaccio, amico dei più cospicui letterati italiani del suo tempo, Giuseppe Betussi (1512-1573), affronta anche ricerche storiche ma tanto la sua inedita opera sulle più celebri famiglie italiane (forse saccheggiata da Francesco Sansovino nell’Origine e i fatti delle famiglie illustri d’Italia), quanto il suo Ragionamento sopra il Cathaio (edito a Padova nel 1573) sono lontani da qualsiasi riferimento a Bassano[8]. Naturalmente notizie sparse su Bassano si trovano nelle molte cronache della Marca Trevigiana ma nessuna è di bassanesi su Bassano; dal 1506 chi avesse voluto studiare la storia bassanese avrebbe potuto attingere agli statuti del 1259, 1268, 1295, per l’appunto editi in quell’anno e poi ristampati da Gina Fasoli nel 1940. “Frammenti di storia” di Bassano, scaturiti proprio all’interno di alcuni esponenti della sua classe dirigente si possono invece considerare le numerose “cronache” fiorite per tutta l’età veneziana, dal ‘600 all’invasione napoleonica: se si fa eccezione per la descrizione della peste del 1631, pubblicata nello stesso anno dell’epidemia dal notaio Giovanni Maria Montini[9], sono rimaste tutte inedite e sono state riproposte all’attenzione degli storici agli inizi del ‘900 da Giuseppe Gerola, apportando contributi preziosi alla ricostruzione degli avvenimenti storico-politici dell’età moderna. Si comincia con i Compendi historici delle memorie della provincia veneta, del nobile Mario Sale (1640-1682)(fig.1),

1MarioSale

1. Mario Sale, Compendi historici delle memorie della provincia veneta, ms. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, 33/B/18. Sale dà il suo avallo autorevole al consolidamento del “mito fondativo” delle leggendarie origini troiane della città; la sua cronaca viene poi ricopiata, con qualche postilla e aggiornamento, da Zerbino Lugo (1648-1735).

un avvocato (morto assassinato) che, come abbiamo già visto, dà il suo avallo autorevole al consolidamento del “mito fondativo” delle leggendarie origini troiane della città; la sua cronaca che arriva sino alla dedizione a Venezia viene poi ricopiata, con qualche postilla e aggiornamento, da Zerbino Lugo (1648-1735)[10]. Nei primi decenni del ‘700 si colloca l’Historia bassanese di Francesco Chiuppani, che arriva sino al 1730 (fig.2):

2FrancescoChiuppani

2. Francesco Chiuppani, Historia bassanese, ms. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, 33C/171-2. La Historia del Chiuppani arriva sino al 1730: perla di questa storia “falsa” è la presunta costruzione della città da parte di “capitani” di Ercole precisamente nell’anno 1900 del mondo.

perla di questa storia “falsa” è la presunta costruzione della città da parte di “capitani” di Ercole precisamente nell’anno 1900 del mondo[11]. La breve ma intensa e tumultuosa stagione dell’invasione napoleonica, con l’effimera stagione “democratica” e il rapido trapasso alla dominazione austriaca dopo il “tradimento” di Campoformido, genera a Bassano una fioritura rapida e feconda di cronache (ben 9) che non ha pari negli altri centri, piccoli e grandi, della terraferma veneta; queste cronache, dopo la “riscoperta” di Gerola, sono state oggetto, nel corso del XX secolo, di attente rivisitazioni in numerose tesi di laurea e in un successivo contributo conclusivo di Federico Seneca, che quelle tesi aveva diretto all’università di Padova: spiccano per la personalità degli autori e per l’originalità delle notizie e dei commenti quelle di Gian Maria Sale e Andrea Tattara. Della nobile famiglia che ha dato nel ‘600 alla storia bassanese i già citati Compendi Historici Gian Maria Sale (1734-1816) è un ecclesiastico colto, poeta per diletto, che verso la fine della sua vita, trascorsa tranquilla nella natia Bassano, stende le Memorie giornaliere degli anni cruciali che vanno dal maggio 1796 al 7 ottobre 1804: aristocratico, proprietario terriero, ovviamente cattolico ligio alla religione e all’ordine costituito (Venezia prima, l’Austria dopo), Sale concentra la sua attenzione sulla damnatio memoriae dei Francesi [«genia snaturata» e «bestiale», «indole malvagia», «bestial furia», «barbari», «inumani»«mostri» e così via] ma non lesina critiche al defunto governo veneziano, reo di una rassegnata e neghittosa, e alla fine suicida, neutralità nei confronti dell’armata napoleonica[12]. Forse non «storico disappassionato», come più volte si proclama, ma certo testimone di eventi storici davvero “rivoluzionari”; alla ricerca del «vero più scrupoloso», ovviamente filtrato dal suo occhio di fedele esponente dell’Ancien Régime ormai moribondo, Sale compone una delle cronache più preziose per comprendere lo “spirito pubblico” di Bassano (e anche di tante altre città venete) durante la campagna d’Italia di Bonaparte e i tumultuosi rivolgimenti politici degli anni seguenti; le sue Memorie, osserva Seneca, «hanno il pregio di scivolare a tratti da un tono di semplice cronaca a quello ben più alto di storia attraverso una puntuale e attenta ricostruzione e rielaborazione delle notizie raccolte meticolosamente con “penosa fatica”»[13]. A differenza di Sale Andrea Gaetano Tattara (1766-1829), pur di estrazione nobiliare, accetta, sia pur con cautele e riserve, il nuovo ordine imposto dai Francesi, tant’è che partecipa come segretario alla municipalità provvisoria e poi ricopre vari incarichi nel successivo Regno Italico; il suo orientamento politico, giustamente definito da Seneca “democratico moderato”, gli ispira un’interpretazione degli avvenimenti politico-militari bassanesi dal 3 luglio 1796 al 26 gennaio 1797, oggetto del suo Diario, in parte “alternativa” a quella del Sale e, appunto per questo, preziosa per gli storici successivi: aiuta alla fortuna della cronaca lo stile, osserva Seneca, «piuttosto arido e asciutto», anche per la forma impersonale scelta. Al Diario di Tattara si ispira, per contenuti e impostazione ideologica (moderatamente “democratica”), la Cronichetta del notaio Pietro Maria Etro (1766-1844) che del resto di Tattara è coetaneo e amico[14]. Più decisamente “democratico” e aperto ammiratore di Bonaparte e delle “novità” introdotte dai Francesi è Giovanni Maria Gnoato (1780-1845), un proprietario terriero attento soprattutto ai riflessi sulla vita dei campi dei grandi eventi politico-militari[15]. Altre cronache bassanesi relative all’età napoleonica e alla Restaurazione sono quelle di Jacopo Sartorio Sartori (1764-1824), nobile, Maria Teresa Colbertaldi (1753-1844), nobile e suora agostiniana, Angelo Pirotti, “testimone oculare” dei fatti del 1796-1798, poi integrato da Zerbino Lugo[16]; da ricordare, infine, due cronache anonime che annotano minuziosamente i fatti d’arme avvenuti in Bassano e nei centri limitrofi tra il 1796 e il 1797 [17]. Per tutto il ‘700, fino alla “svolta” impressa alla storia di Bassano dalla revisione critica di Giambattista Verci, non mancano studiosi locali che si interessano, a vario titolo e con diversi esiti, alla storia locale. Francesco Chiuppani (1707-1742), sacerdote, maestro di grammatica, appassionato cultore delle memorie patrie, in contatto con letterati veneti e italiani, nella sua intensa ma breve vita raccoglie un’enorme quantità di materiali, rimasti tutti inediti: peccato che al suo ardente amore per la “patria” bassanese non siano corrisposti un adeguato spirito critico e un doveroso rigore filologico. La sua Historia bassanese è prodiga di favolose ascendenze noetiche e troiane, e, osserva Gerola, «non meno delle precedenti accoglie troppe favole, troppi errori e troppe falsità»[18]; poco utili, sempre a causa di una certa superficialità nel vaglio critico delle notizie, anche gli altri suoi scritti, tutti inediti, sui blasoni gentilizi bassanesi[19]. Dal punto di vista erudito, e quindi della successiva profittevole utilizzazione, di maggior interesse è la raccolta manoscritta delle Iscrizioni bassanesi sacre e profane, redatta negli anni 1733-40[20]; anche in questo caso però gli studi epigrafici successivi hanno talvolta messo in evidenza un carente spirito critico: su tre iscrizioni, rinvenute, a suo dire, in territorio bassanese, e da lui trasmesse per la pubblicazione sulle veneziane «Novelle della repubblica letteraria», grava il fondato sospetto di falsità tant’è che Mommsen, che forse vede di persona il manoscritto delle iscrizioni o se lo fa trascrivere, le bolla senz’altro come “imposture” e le relega tra le falsae del suo Corpus[21]. Davvero impietoso il giudizio sulle sue fatiche storiografiche pronunciato nel 1807 da Bartolomeo Gamba: «La Repubblica delle lettere poco deve dolersi, se questo letterato di buona volontà, ed amantissimo della patria è morto in età giovanile senza dare alla luce le molte notizie che ammassate aveva sulle Croniche di Bassano»[22]. Più indulgente Ottone Brentari: «E’ vero che raccolse anche una grande quantità di favole, ammassò grossolani errori, e non à ombra di critica; ma conviene però confessare che senz’esso molti particolari della storia bassanese sarebbero andati perduti: ed è certo che delle opere di lui si avvantaggiarono molti, primo il Verci»[23]. Altri scritti su Bassano prima del Verci: Jacopo Baseggio (1701-59) redige una vita di san Bassiano, ricalcata dagli Acta Sanctorum dei Bollandisti e gonfia di toni apologetici verso la città di cui è protettore[24]; Francesco Memmo (1724-88) traccia una bella biografia dell’ingegnere bassanese Bartolomeo Ferracina e vi aggiunge una storia del ponte di Bassano da lui rifabbricato[25]: e a proposito del Ferracina, celebre costruttore di ponti, orologi, macchine varie nonché geniale ingegnere idraulico al servizio della Repubblica di Venezia[26], pochi anni dopo la Vita del Memmo è ricordato da un bell’Elogio storico del Verci, per poi ricevere reiterate menzioni biografiche per tutto l’800[27]

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