Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Via Beata Giovanna, a Bassano del Grappa, si snoda verso sud, appena oltre il centro, dalla Porta Dieda fino ai cosiddetti Pilastroni. La strada, che s’è sviluppata insieme all’intero borgo agli inizi del Trecento al di fuori della cinta muraria ed oltre la porta del castello inferiore, detta dei Leoni, prese nel passato nomi diversi: via del Borgo di Lion (fig.1),

1BorgoLeonmappanapoleonica

1. Il Borgo Leon nella mappa napoleonica. Archivio di Stato di Vicenza, Sezione di Bassano del Grappa. Via del Borgo di Lion, si è sviluppata agli inizi del Trecento, al di fuori della cinta muraria ed oltre la porta del castello inferiore, detta dei Leoni.

poi Strada Regia del Borgo, quindi via Principe Amedeo ed infine, dagli inizi del Novecento, via Beata Giovanna[1]. Percorrere una strada, calpestarne il selciato significa anche attraversare la storia; gli occhi scorrono sugli edifici, la mente ricrea le vicende che vi sono accadute e figura le persone che le hanno animate. La nostra via è titolata a Giovanna Bonomo[2], una donna vissuta nel Seicento, una mistica, priora del monastero benedettino di San Girolamo, che proprio su questa contrada s’affaccia. Alla fine del Quattrocento, in un clima di rinnovamento evangelico, un gruppo di donne decideva di vivere in comunità, nella preghiera e nella penitenza secondo la regola di san Benedetto e, avendo ricevuto in dono un pezzo di terra dalla confraternita della Madonna della Misericordia della fraglia dei callegari, vi faceva costruire un convento affidandosi alla guida spirituale dell’eremita Ludovico Ricci da Vicenza[3]. E oggi, lungo questa medesima strada, i nostri occhi incontrano ancora il complesso benedettino, ben noto ai Bassanesi anche come la chiesa delle Sacramentine[4]. Poco più avanti colgono anche la facciata di un’altra chiesa, quella dedicata proprio alla beata Giovanna, perché lì riposa il suo corpo. In verità, questo non era il nome originario del luogo di culto. L’intestazione primitiva dell’edificio indicava la Beata Vergine della Misericordia: nel titolo, una chiesa ed anche una confraternita. Oggi quest’ultima non esiste più, estinta da tempo o forse soppressa dalle disposizioni napoleoniche del 1810, che hanno chiuso luoghi religiosi e comunità, perfino aggregazioni laiche e i loro siti di espressione devozionale. La chiesa, invece, ha cambiato aspetto ed anche nome[5], assumendo per l’appunto la dedicazione alla beata. E allora, se gli occhi non bastano a far riemergere quello che un luogo nasconde nelle pieghe del suo passato, ci soccorrono altre testimonianze: le scritture d’archivio, tanto più che in via Beata Giovanna, proprio in una porzione dello spazio appartenuto alle benedettine di San Girolamo, al civico n. 58, sorge la Sezione d’Archivio di Stato di Bassano del Grappa (fig.2).

2SezioneArchivio

2. La Sezione d’Archivio di Stato di Bassano del Grappa. Porta d’accesso. Gli ambienti ora occupati dall’archivio appartenevano dalla fine del Quattrocento al Convento benedettino femminile di San Girolamo.

Istituita nel dicembre 1973, fu aperta in questa sede soltanto nel 1990, dopo una breve esperienza vissuta al primo piano di Palazzo Vittorelli, in via Da Ponte, nel 1977, al fine di raccogliere tutti quegli archivi e documenti storici che riguardavano la città di Bassano ed il suo territorio, ma che si trovavano conservati a Vicenza, aggregati per qualche ragione storica ai fondi vicentini o ch’erano ancora gestiti dagli uffici dello Stato presenti in città, come loro archivi storici. Fu ricavata da un vecchio edificio del monastero delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento, un tempo di San Girolamo, rimasto chiuso a lungo con rilevanti segni della decadenza e dell’abbandono addosso. I cittadini lo hanno visto per anni racchiuso entro paratie di legno che lo ponevano in “precaria” sicurezza. Ma come realizzarvi un Archivio? Con un’operazione ardita sia sotto il profilo tecnico, sia economico, preparata nel 1982 ed eseguita negli anni dal 1985 al 1990 per iniziativa del monastero medesimo e dei suoi consiglieri, dell’Archivio di Stato di Vicenza e con l’assistenza della Soprintendenza per i Beni Architettonici di Verona. Con sottofondazioni ai muri perimetrali ed alla crociera centrale, si è costruito un deposito interrato, che soltanto una temporanea condizione di insufficienza economica ha limitato ad un solo piano, ma che offre condizioni conservative idonee ed ha la capacità di ospitare quasi tre chilometri di scaffalatura in pieno centro storico. Al piano terra e nelle stanze superiori si trovano in più che decorosi, perfino delicati ambienti, i servizi di consultazione per il pubblico, stanze di lavoro e di incontro, la biblioteca specialistica e gli uffici di amministrazione. Frequentarlo non è difficile, accedervi è questione di un attimo negli orari di apertura, che sono ampi per un istituto di piccole dimensioni e di scarso organico. Tra le sue mura si è ben accolti, con gentilezza, competenza e disponibilità. I documenti e gli archivi che la Sezione conserva occupano – come s’è detto – oltre tre chilometri di scaffalatura, quasi tutta mobile a compactus, e constano di 902 pergamene, oltre 40.000 pezzi cartacei (buste, mazzi e registri), più che 1.500 mappe e disegni tecnici. Se ne fa qui di seguito una sommaria presentazione, seguendo le fasi dello sviluppo storico istituzionale della città e del suo territorio, ma s’avverte fin d’ora che una più dettagliata e precisa descrizione dei fondi archivistici conservati in istituto è rintracciabile nel sistema informativo degli Archivi di Stato, in acronimo SIAS, consultabile in rete alla voce di Bassano del Grappa. Vi si accede facilmente attraverso il sito web della Sezione medesima od anche attraverso quello della sede principale, l’Archivio di Stato di Vicenza. Essa si compendia con la parallela descrizione dei fondi vicentini, che figurano descritti in sistema sotto la voce competente. La città di Bassano, contesa tra Vicenza e Padova, pur sotto la loro influenza, riuscì a ricavarsi una sostanziale indipendenza durante la fase storica comunale. Per tutta la prima metà del Duecento essa fu base e supporto delle operazioni militari e finanziarie della sorprendente ascesa degli Ezzelini nella Marca Trevigiana ed anche oltre. Nel Trecento seguì le sorti di ogni altra città del Veneto e vide alternarsi sul suo territorio le signorie dei Carraresi, degli Scaligeri, dei Visconti. Tracce strutturali di queste ascese e dominazioni si leggono in città, nelle aree, paesi e cittadine che la contornano. Scarse memorie documentali si conservano nell’Archivio storico comunale[6]. La Sezione d’Archivio di Stato ne offre indiretta testimonianza con le pergamene di antichi monasteri (San Francesco di Bassano dal 1212, Santa Caterina di Bassano dal 1308, San Rocco di Marostica dal 1336), presenti nei rispettivi archivi, che fan parte del fondo Corporazioni Religiose di Bassano e, soprattutto, nell’archivio familiare Crespignaga-Alvarotti (1168 – 1312). Nel 1404 Bassano giurò fedeltà a Venezia ed entrò in tal modo a far parte della Repubblica Serenissima. Ne ebbe una contenuta autonomia dalle altre città, il rispetto degli antichi suoi statuti, ma anche un rettore veneto, che riunì nelle sue mani il potere civile e quello militare. Bassano, come tutta la Terraferma veneta, visse quattro secoli di pace e di prosperità economica, che diede forza alle attività produttive e commerciali, riorganizzò l’agricoltura, sostenne la crescita demografica, sociale e culturale e arricchì il territorio di opere civili, religiose, artistiche. La documentazione governativa di questo periodo, per Bassano e l’area di suo attuale riferimento, è andata in buona parte perduta. Se ne conserva, però, di origine comunale, soprattutto nell’Archivio storico cittadino ed in altri fondi presso istituzioni culturali del territorio (le biblioteche comunali di Asolo, Marostica). Vi è documentazione riferita ad istituzioni religiose e laico-devozionali soppresse, raccolta in Sezione d’Archivio di Stato nel fondo Corporazioni Religiose di Bassano (dal XV al XIX secolo) e riferita pure a famiglie (Erizzo-Belegno-Barzizza dal 1405, De Facci-Negrati dal XV secolo, Michiel-Grandenigo-Pisani dal '300), anch’essa in Sezione. Vi sono infine le scritture dei notai del periodo, nell’Archivio notarile, (fig.3)

3archivionotarile

3. L’archivio notarile è una delle più rilevanti fonti per la storia vicentina e bassanese. Si costituì in epoca napoleonica, a partire dal 1806. L’Archivio di Stato di Vicenza e la Sezione d’Archivio di Stato di Bassano del Grappa conservano imbreviature, minute e originali registri notarili a partire dagli ultimi decenni del ‘300.

che spaziano dal 1361 in poi, riunite all’epoca della sua costituzione napoleonica e confluite, all’estinzione, nell’aggregato archivistico bassanese ed, infine, anch’esse in Sezione. Hanno una consistenza notevole, oltre 1.700 unità, tra mazzi, volumi e registri, estesa a coprire un periodo storico che le porta fino agli albori del XX secolo ed un territorio molto più ampio dell’attuale area di riferimento, poiché andò per determinati periodi ad abbracciare anche il distretto notarile di Cittadella e quello di Asolo-Castelfranco, con estensioni fino a Fener e Quero nel Bellunese, e fino a Noale nel Veneziano. Nel 1797, con l’arrivo dei Francesi, il Vicentino ed il Bassanese, dopo alcune incerte fasi storiche ed amministrative, finirono per formare un unico dipartimento sottoposto ad un governo centrale con sede a Vicenza, che divenne provincia dopo il 1815. Bassano perse la sua delicata indipendenza e fu soltanto capoluogo di distretto, fu sede di uffici giudiziari ed amministrativi importanti, dei quali si conservano, seppur talora senza integrità e continuità, archivi di grande valore testimoniale. Oltre al già ricordato Archivio notarile sussidiario di Bassano, in Sezione si trovano anche gli archivi dell’Ufficio Ipotecario (dal 1806), delle Preture foresi di Asiago (dal 1808), Bassano (dal 1818), Marostica (dal 1819) e, per incapacità dei depositi della sede principale di Vicenza, anche di Schio (dal 1818) e di Malo (1818-1825), estesi fino al 1871, e quello del Catasto, noto come napoleonico-austriaco (dal 1808 al 1906) dei distretti di Bassano, Asiago e Marostica. Non si conservano, invece, scritture del Tribunale. Dall’unità nazionale (ai fini amministrativo-archivistici, la data di inizio del periodo italiano si ascrive al 1871), la parte preponderante della documentazione spetta agli archivi giudiziari. La Sezione presenta dunque le scritture del Tribunale di Bassano (1871-1920), delle Preture di Bassano (1871-1960), Valstagna (1871-1892), Asiago (1871-1960) ed, inoltre, come s’è già rilevato, anche di Schio (1818-1960) e di Arsiero (1871-1891). Accanto ad essi, una parte rilevante per significato testimoniale riferito al territorio, la recitano i fondi del Catasto unitario, con le relative mappe ed i registri dei comuni censuari dei distretti di Bassano, Asiago e Marostica, dello Stato Civile di tutto il distretto tribunalizio bassanese (1871-1943), delle Denuncie di successione (1871-1960) provenienti dagli Uffici del Registro di Bassano, Marostica, Asiago e, per aggregazione funzionale, anche di Vicenza, Barbarano, Noventa e Lonigo, Thiene; quello dei Titoli di registrazione, serie dell’archivio della Conservatoria dei Registri Immobiliari di Bassano (1871-1930) ed, infine, quello degli Atti Pubblici Amministrativi (1868-1930), serie ricevuta dall’Archivio Notarile dei distretti riuniti di Vicenza e Bassano del Grappa, riferita ai comuni della provincia di Vicenza. Non vanno poi dimenticati gli archivi scolastici, da quello del Liceo-ginnasio Brocchi di Bassano (1819-1990) a quelli delle Direzioni Didattiche, che documentano scuole di Rossano Veneto e Rosà (1916-1955) e di Mussolente (1882-1999), e neppure un frammento d’archivio tecnico-professionale, quello dell’ingegnere Giovanni Tescari (1866-1939), che fu attivo nel distretto soprattutto all’inizio del secolo XX. Infine, quanto resta delle carte di un opuscolo del monopolio di stato che ha carattrizzato fortemente la vita delle contrade valligiane poste a nord della città, con la coltivazione e lavorazione del tabacco, ossia l'archivio dell'Agenzia Tabacchi di Carpanè (1920-1996). E’ un complesso rilevante di scritture, disegni tecnici, mappe, atti pubblici e privati, in cui si conserva la memoria dei cittadini e l’immagine del territorio. Un archivio è per sua natura il custode di antiche carte, ha come compito istituzionale proprio la conservazione e la valorizzazione dei documenti. E allora saranno proprio le carte che esso conserva a raccontarci le storie stratificate e celate tra gli edifici di questa strada. Era il 1806. Il 30 marzo di quell’anno Napoleone aveva decretato l’unione del Veneto e dell’Istria al Regno d’Italia. La città di Bassano, già compresa fin dal 1803 nella provincia di Treviso, rimaneva, almeno per allora, nel Dipartimento del Tagliamento con capoluogo proprio in Treviso[7]. Insieme alle comunità di Rosà, Rossano, Cassola, Cartigliano, Pove, Solagna, San Nazario fino a Cismon e Primolano, formava un cantone. Nel mese di luglio nella casa del comune di Bassano, in tutta fretta venne apprestato un nuovo ufficio. Era quello dello Stato civile (fig.4).

4Registristatocivile

4. Registri di stato civile, Bassano. Vicenza, Archivio di Stato, Stato civile napoleonico, b. 220. I registri illustrati appartengono alle origini del servizio, tra gli anni 1806 e 1808.

A partire dal 1° maggio, infatti, era entrato in vigore anche nelle province venete il regolamento del 27 marzo 1806[8] per l’attivazione, in tutto lo Stato, dei registri di nascita (fig.5),

5AttiNascita

5. Atti di Nascita, Bassano 1808. Vicenza, Archivio di Stato, Stato civile napoleonico, b. 215. Frontespizio ed etichetta del registro.

morte e matrimonio, in esecuzione del Codice civile napoleonico, sotto responsabilità delle sole autorità civili e, più esattamente, dei comuni. Dovevano essere tenuti, dunque, tre tipi di registri, uno per le nascite, uno per le morti e uno per i matrimoni (fig.6)

6Registrazionematrimonio

6.Registrazione di matrimonio tra Zanne Baston e Giovanna Zarpellon (14 luglio 1806). Vicenza, Archivio di Stato, Stato civile napoleonico, b. 220. Primo atto matrimoniale registrato in Bassano tra Zanne Baston, figlio di Giovanni Battista e di Maria Francesca Montini, lavoranti della terra in Romano, con Giovanna Zarpellon di Gaetano e di Caterina Marcon, anch’essi contadini di San Zeno.

e i divorzi. Ad essi se ne aggiunse poi un quarto per l’iscrizione delle pubblicazioni e delle opposizioni matrimoniali. Nei comuni più grandi, quelli di Ia e IIa classe, veniva individuato uno dei “Savi” come responsabile della compilazione e della tenuta di tali documenti; in quelli con minore popolazione, invece, o di IIIa classe, il compito era assegnato direttamente al sindaco. La nuova legge andava a stravolgere delle abitudini consolidate e profondamente radicate nel tempo. Fin dall’applicazione dei decreti conciliari tridentini del 1563, infatti, erano stati soltanto i parroci a registrare le variazioni anagrafiche della popolazione nelle loro parrocchie e lo avevano fatto soprattutto per testimoniare l’adesione dei fedeli ai sacramenti. A partire dal regolamento napoleonico del 1806 tutto sarebbe cambiato, o meglio, lo Stato avrebbe assunto il compito di accertare l’identità e le situazioni di stato di tutta la popolazione. A Bassano, in verità, in quel mese di luglio del 1806, il compito di ufficiale dello stato civile non era stato ancora attribuito e il podestà Andrea Tattara si trovò a svolgere lui stesso, momentaneamente, la funzione. Andrea Tattara era di nobile famiglia, un uomo di legge, democratico e moderato e perfino cronachista delle vicende che sconvolsero Bassano dal luglio del 1796 fino al 26 gennaio del 1797[9]. Prese a sottoscrivere i primi verbali di nascita, di morte, di matrimonio redatti nel Comune. E fu proprio lui a recarsi, il 19 luglio del 1806, nella casa di Girolamo Zarpellon per riconoscere il corpo di una bimba ivi deceduta. Il giorno prima, infatti, era venuta a mancare la figlioletta dello Zarpellon, Gioseffa Elisabetta Maria, di un anno appena. Girolamo, 40 anni, e la moglie Maria Bordignon, di 24 anni, erano entrambi casolini a Bassano[10]. La registrazione della morte si articolava in due momenti, accompagnando due distinte operazioni: prima veniva accertato il decesso e, successivamente, passate le 24 ore previste, veniva autorizzata la sepoltura. Questa particolare struttura documentaria, che distingueva tra atto di morte e atto di tumulazione, è rintracciabile nei registri solo fino alla fine di novembre di quell’anno. Da tale data troveremo, poi, la trascrizione del solo atto di morte. Nei registri compaiono non solo gli abitanti di Bassano, ma anche coloro che, pur essendo morti in altre località, erano originari della città. Leggiamo, infatti, in essi trascritto un atto di morte proveniente da Treviso. Riguardava un frate, padre Pietro, che era cappuccino in Sant’Agnese. I testimoni presenti alla ricognizione segnalarono all’ufficiale trevigiano di non poter dichiarare il cognome, perché a loro ignoto, ma asserirono che si diceva esser nato a Bassano[11]. Si parla pure di un ignoto fuciliere del 20° reggimento, 3° battaglione, 3a compagnia, che morì nell’ospedale civile di Bassano. Di fronte al funzionario comunale, gli inservienti dell’ospedale dichiararono di non conoscerne il nome, ma certificarono che era nato in Francia, aggiungendo anche i nomi, pur deformati, di un dipartimento territoriale e di un comune, ma l’incertezza della loro testimonianza li rende a tutt’oggi difficilmente individuabili[12]. La funzione provvisoria di Andrea Tattara durò fino al mese di novembre del 1806, quando l’incarico di ufficiale dello stato civile venne finalmente assegnato ad uno dei savi del comune, come da regolamento, e cioè a Basilio Baseggio, che lo mantenne fino alla cessazione dell’ufficio, il 31 dicembre 1815. I Baseggio s’erano trasferiti nel Settecento a Venezia, dove il nonno aveva incrementato il patrimonio familiare. Il padre, Lorenzo, era stato medico nella grande città lagunare. Nel 1790 poi, rientrati a Bassano, erano stati ammessi nella nobiltà consiliare cittadina e, di conseguenza, avevano iniziato l’ascesa sociale. Il fratello Francesco era stato nominato massaro del Monte di Pietà e Basilio stesso era entrato nel consiglio cittadino. Di lì a poco seguì la sua elezione a “Savio” del comune ed anche l’incarico di ufficiale dello stato civile[13]. Come responsabile dell’anagrafe, Basilio si trovò, la sera del 10 giugno 1807, nella particolare condizione di celebrare le nozze del fratello Francesco. L’annotazione di un atto di matrimonio era in sè la descrizione di una vera e propria azione rituale. Le diverse parti del documento erano scandite secondo il formulario di un atto di diritto pubblico, del tipo di quello usato dai notai o da una cancelleria. Il protocollo veniva aperto dalle indicazioni del luogo e della data, cui seguivano quelle del “rogatario”, dell’ufficiale di stato civile, dei testimoni presenti. Questi ultimi venivano convocati rigorosamente in numero di quattro. Per ognuno di loro erano specificate l’età e la professione e riportati i nomi dei genitori. Si passava quindi al dispositivo vero e proprio: i due sposi comparivano dinanzi al funzionario e si dichiaravano. Francesco Baseggio era un negoziante, aveva 37 anni ed era figlio del fu Lorenzo e di Giovanna Greco; sposava Lucietta Sarraglia di anni 50, anche lei negoziante, figlia del fu Antonio e della fu Mattia Tosetti. Entrambi esibirono gli atti del proprio battesimo, che vennero letti pubblicamente, ma non presentarono gli atti di assenso dei genitori, che erano per entrambi morti, ad eccezione della mamma di lui, Giovanna. Letti i due atti di pubblicazione della promessa e dopo aver riscontrato che non sussistevano opposizioni alla volontà dei nubendi, l’ufficiale dichiarò di unirli in matrimonio[14]. I registri anagrafici dovevano essere redatti in doppio esemplare, uno doveva essere conservato presso il Comune produttore e l’altro doveva essere trasmesso al Tribunale per i controlli dell’autorità giudiziaria. Ed in effetti i documenti che oggi vengono consultati dagli studiosi presso l’Archivio di Stato di Vicenza sono costituiti dagli esemplari che vennero consegnati al Tribunale vicentino. Da quest’ultimo, poi, furono trasmessi all’Archivio generale in Venezia, verso la metà dell’Ottocento. Nel 1960 sono stati versati, infine, all’Archivio di Stato di Vicenza. E’ ben noto che Bassano del Grappa entrò a far parte del dipartimento del Bacchiglione nel 1808, rimanendovi poi definitivamente e partecipando fino ai nostri giorni del territorio della provincia di Vicenza. Tutti i registri di nascita, di morte, di matrimonio e di pubblicazione matrimoniale dell’intero territorio del cantone bassanese andarono a far parte di quell’insieme documentale, che costituisce il fondo dello stato civile vicentino prodotto in epoca napoleonica. Le registrazioni presero avvio con il mese di luglio del 1806 e terminarono il 31 dicembre del 1815. Spettò ad Antonio Bellato, cappellaio in contrada Portici Lunghi, di aprire le registrazioni anagrafiche a Bassano. E’ a lui che si riferisce la prima formula in assoluto ed è un atto di nascita (fig.7).

7primaregistrazionenascitaBassano
7. La prima registrazione di nascita in Bassano (16 luglio 1806). Vicenza, Archivio di Stato, Stato civile napoleonico, b. 215. Il podestà Andrea Tattara in funzione di ufficiale dello stato civile riceve la prima comunicazione di nascita.

Il 16 luglio del 1806 egli si presentò dinanzi all’ufficiale provvisorio e portò con se’ un bambino nato due giorni prima. Dinanzi ai testimoni rese noto che il bimbo era nato da lui e dalla moglie Maddalena Chiurlato[15]. Abituati com’erano, almeno fino a quel momento, a recarsi in chiesa dal parroco, i genitori dovettero allora aggiungere anche quest’altra incombenza, imparando a separare l’aspetto religioso dalla denuncia civile. In tutti gli atti pubblici i testimoni erano importanti, ma lo divennero ancora di più nelle denuncie anagrafiche. Qualche volta si chiamava un parente, molto più spesso si ricorreva a persone presenti nelle vicinanze, l’ufficio comunale, una bottega. Compaiono così nei nostri atti uomini (solo uomini, beninteso, che avessero raggiunto i 21 anni d’età)[16] che lavoravano in Comune come inservienti o uscieri all’ufficio dell’annona o vittuaria, o come addetti all’ufficio postale. Anche questo ufficio pubblico era di fresca istituzione. Si avvicendavano pure commercianti o artigiani che avevano la bottega nei pressi, o qualche sfaccendato che s’aggirava per gli uffici. Testimoni si trovarono ad assistere anche alle denunce di nascita che Ambrogio Orio, il nonzolo della chiesa di Santa Maria della Misericordia, in Borgo Leon, si trovò suo malgrado a ripetere assai frequentemente. Ambrogio aveva quasi settant’anni quando entrò in vigore il regolamento sullo stato civile; era il sacrestano della chiesa, ma era anche il custode delle poche stanze che si trovavano accanto alla chiesa medesima e che erano occupate dall’ospedale della Misericordia, e perciò lì abitava. Quello era un luogo antico, che accoglieva, oltre ai pellegrini, anche i neonati rifiutati dai genitori. La legge napoleonica costringeva anche quei piccoli esserini a passare attraverso le maglie dell’autorità civile semplicemente per essere registrati come figli “di genitori ignoti” e toccava sempre a lui, Ambrogio, presentare la denuncia. L’ospedale era sorto ancor alla fine del Trecento per volontà degli iscritti alla confraternita detta di San Paolo e di Santa Maria della Misericordia[17]. I fondatori erano artigiani, calzolai e pellicciai, che avevano deciso di aderire ad uno di quei consorzi di laici che usavano associarsi per scopi devozionali, di preghiera e di penitenza, e per assicurare forme di assistenza agli iscritti medesimi ed anche agli esterni. Questi luoghi di accoglienza per bisognosi, poveri, malati, pellegrini, vedove, orfani ed esposti, s’erano andati nel tempo specializzando in un settore d’attività o nell’altro. A Bassano la confraternita aveva fondato l’ospizio di San Paolo, presso la chiesa di San Giovanni, da cui poi derivò lo stesso ospedale cittadino e, in Borgo Leon, presso la chiesa omonima, il nostro ospizio della Misericordia. Il primo dei due luoghi fissò la sua attenzione sui malati, mentre il secondo si rivolse essenzialmente ai pellegrini e ai trovatelli[18]. Anche la città di Vicenza aveva un ospedale destinato a ricevere e nutrire i neonati abbandonati, detti esposti per il triste uso di affidarli alla carità pubblica esponendoli sul sagrato delle chiese o introducendoli nelle rote dei conventi . Era stato fondato a metà Trecento dalla confraternita dei Battuti, con dedica a Santa Maria e a San Cristoforo, e si trovava nei pressi della chiesa di San Marcello[19]. In quest’ospedale vicentino confluivano anche gli infanti accolti nelle case dislocate sul territorio. Corre l’obbligo, a questo punto del nostro scritto, fare un’osservazione: la mancanza di testimonianze vive ed originali, l’assenza di studi correlati tra archivi parrocchiali e documenti delle istituzioni assistenziali, di fronte pure ad un altissimo tasso di mortalità infantile ben documentato, purtroppo, dalle stesse carte, non consentono per un lungo periodo anteriore all’Ottocento analisi e certezze su questo tipo di comportamento. Per l’epoca napoleonica, invece, sono proprio i documenti dello stato civile e il loro confronto con le carte dell’istituto assistenziale vicentino[20] a certificare i passaggi da Bassano a Vicenza. Ambrogio era dunque indaffarato a portare i neonati nell’attigua chiesa di Santa Maria per il battesimo e a denunciarli all’ufficiale di stato civile a Bassano. Abitava lì, in una piccola casa a ridosso della chiesa, verso nord, ove c’erano pure alcune stanze destinate ad accogliere gli esposti. Bastava una semplice scampanellata per avvisarlo che “qualcosa”, un piccolo fardello vivente insieme ad un bigliettino con un pensiero di sofferenza, era stato lasciato lì di fuori, nel depositario. La struttura muraria era simile ad un anfratto e si trovava accanto alla porta della sua abitazione, destinata ad accogliere l’abbandonato ed a celare l’identità del portatore. Fino alla fine dei suoi giorni Ambrogio continuò ad attraversare la strada che da Borgo Leon lo portava in piazza, nel palazzo comunale, ove stava l’ufficio per la denuncia. Alla sua morte fu il figlio Santo a prenderne il posto. Stesso tragitto, a piedi, dal pio ospedale al comune, e poi in lunghi viaggi verso Vicenza, con la carretta carica di uno o più neonati da consegnare all’istituto degli esposti. Il piccolo ospedale bassanese continuò a funzionare per tutto l’Ottocento. Cambiò il nome in Pio luogo ausiliario degli esposti, quindi in Casa filiale degli esposti di Bassano, divenendo una sorta di ricevitoria per gli infanti abbandonati che poi finivano a Vicenza, posto sotto la diretta amministrazione patrimoniale dell’Ospedale degli infermi di Bassano[21]. Rimase sempre in Borgo Leon? Certamente sì, fino al 1815, per poi essere trasferito forse in una qualche stanza della chiesa parrocchiale di Santa Maria in Colle o presso l’ospedale civico. Infatti, nel 1810 fu chiusa la chiesa della Misericordia e, successivamente, all’inizio del secondo decennio dell’Ottocento, iniziarono i lavori di ampliamento per renderla idonea a ricevere le spoglie della Bonomo. Da quel momento, dapprima la chiesa che ne accolse il corpo e poi l’intera strada furono titolate alla beata mistica, trasmettendo a tutti e per sempre il ricordo della Beata Giovanna. Resteranno solo le carte degli archivi a custodire e a conservare la memoria del piccolo ospedale e dei suoi giovanissimi “ospiti”.

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