Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

La tarda primavera del 1404 segnò un punto di svolta fondamentale nella storia di Bassano, poiché in quei giorni, nel momento di crisi politico-militare seguito allo scoppio della guerra fra Venezia ed i carraresi per il possesso dei domini veneti dei Visconti, il centro pedemontano decise di seguire l’esempio della vicina Vicenza e presentare una dedizione spontanea alla Repubblica veneta[1]. L’entrata di Bassano nel nuovo Stato di Terra in costituzione, che era già stata ipotizzata nei precedenti accordi fra i veneziani e Caterina Visconti, dovette allora sembrare la scelta più conveniente alla maggioranza che guidava il ceto dirigente, con la speranza di poter ottenere i privilegi che Venezia aveva concesso alla sua “primogenita” Vicenza[2]. Al momento della contrattazione i bassanesi portavano in dote la vicinanza al territorio trevigiano, che la città lagunare deteneva quasi ininterrottamente dal 1339, ed una posizione strategica a livello militare e commerciale: Bassano poteva offrirsi come di punto di collegamento verso la laguna lungo la vantaggiosa via fluviale del Brenta, allo snodo fra la pianura e quella Valsugana che avrebbe messo facilmente in contatto lo Stato con i ricchi boschi alpini ed i mercati tedeschi e trentini (fig.1).

1-FrontespizzioconStemma

1. Frontespizio con lo stemma della Città di Bassano e il Leone di San Marco. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, Archivio Comunale, 12. Statuti e privilegi, vol. 6, c. 6v (agosto/1440).
Il volume dell’Archivio bassanese è decorato con gli stemmi della città e della Repubblica di San Marco.

L’operazione ebbe esito positivo e consentì a Bassano di raggiungere uno status giuridico privilegiato rispetto sia alle precedenti dominazioni che agli altri centri minori veneti: Venezia assegnò a Bassano l’autonomia giurisdizionale sul suo distretto, di essere cioè governata senza sottostare a nessuna delle grandi città che la circondavano (nonostante le insistenze vicentine e padovane per un’annessione ai loro territori), secondo i propri Statuti, con la presenza di un podestà e capitano veneziano ed una dipendenza diretta solo dalla Dominante; la Serenissima lasciò inoltre al capoluogo bassanese quei margini di controllo sul piccolo distretto, allora costituito, che le città esercitavano sui loro comitati. Una posizione che fece del bassanese un unicum e che differenziò Bassano dalle altre «quasi città» venete, quali Monselice o Castelfranco, che rimasero soggette al governo dei ceti dirigenti cittadini[3]. In questo momento trovavano quindi esito quelle premesse autonomistiche che i bassanesi avevano posto sin dalle dominazioni padovana e viscontea, col superamento anche della condizione di “terra separata” goduta in epoca milanese, per diventare una «terra de per se»[4]. In questa sede si cercherà di delineare il percorso evolutivo durante il Quattrocento di Bassano e della sua podesteria all’interno del nuovo contesto statuale, alla luce dell’inedita condizione di distretto autonomo, seguendo l’incremento dei margini di potere sul territorio che da Venezia venne concesso al ceto dirigente del capoluogo, ancora privo di quella solida tradizione di pieno governo che le città vicine potevano vantare. Si tratterà di un’analisi ad ampio respiro, tesa a fornire un quadro generale sia sotto il profilo politico-istituzionale che socio-economico, basata soprattutto su materiale inedito proveniente dalle fonti pubbliche e private del bassanese, per un secolo che fino ad oggi è stato trascurato dalla storiografia a vantaggio della piena epoca medievale o moderna[5]

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